Sono 200 milioni le persone che nel mondo utilizzano plugin per bloccare i messaggi pubblicitari. Nel 2015 avranno generato perdite per 22 miliardi di dollari. Gli editori provano varie strade per contrastare il fenomeno, in costante aumento. Come mostrare pop-up in cui spiegano i danni che questi software provocano a tutto l’ecosistema. E siamo solo all’inizio.
Notizia letta nel sito di Repubblica.it.
Poco mi stupisce la cosa in quanto banner e pop-up pubblicitari nei siti di informazioni stanno diventando a dir poco “invasivi”.
Ogni giorno leggo le notizie on line, da normale utente e non solo da pubblicitaria, e spesso mi trovo a dover cercare quello che mi interessa “celato” in maniera scientifica in mezzo a banner di ogni tipo.
Ho smesso di leggere alcune testate a causa dei pop-up a tutta pagina non sempre chiudibili al primo click, da dire anche che spesso la “X” del chiudi va cercata e se clickata apre comunque altre pagine.
Se qualche anno fa un pop-up attirava l’attenzione oggi non è più così, disturba e nulla più perché si è andati oltre misura.
Si vuole IMPORRE il messaggio all’utente, quando invece andrebbe PROPOSTO in maniera tale da attirare la SANA attenzione che merita qualunque brand che investe per promuoversi.
Per la programmazione televisiva esistono i parametri di affollamento pubblicitario che le emittenti devono rispettare nel palinsesto quotidiano, ma per quanto riguarda il web la normativa non c’è, e quando c’è è tutta da interpretare (quindi non si capisce e lascia ampio margine di non applicazione) oppure non viene semplicemente rispettata in quanto non si conosce perché non esiste un canale informativo indirizzato per lo meno agli operatori del settore.
Molto di rado ho consigliato ai miei clienti un piano di promozione che includesse anche i pop-up perché ritengo ci sia il rischio concreto che quanto di positivo può portare sia, a poterlo misurare, inferiore al danno di imposizione negativa generato.
Il motivo è semplice: quando si apre il sito di una testata di informazione on line si sta cercando una “notizia” e quello che viene imposto visivamente, senza opzione alcuna da parte dell’utente, è solo un ostacolo.
Davanti a un ostacolo si cerca di superarlo, ecco che quindi l’occhio va subito alla ricerca della “X” per chiudere il fastidio.
In questo passaggio il contenuto, di qualsiasi natura esso sia, non è visto e se visto memorizzato come elemento di disturbo.
L’utente la prossima volta che vedrà un’immagine che ricorda quel “brand disturbo” forse non se ricorderà in maniera dettagliata di dove e quando, ma è molto probabile che la memoria inconscia gli dirà di passare oltre.
Nessun stupore, dunque, davanti a questi dati.
Il fatto che si dica, nell’articolo a cui mi riferisco, che i software per bloccare siano dannosi è vero, ma è pur vero che ci sono banner che conducono a pagine altrettanto “infettanti” e queste l’utente le interpreta sempre come un rischio maggiore.
E’ vero anche che tenere attivo un portale web è un lavoro non da poco che necessita di introiti, ma proprio per questo la pubblicità nel web dovrebbe essere più ragionata, dovrebbero esserci delle valutazioni più accorte e anche una maggiore conoscenza dell’impatto psicologico di un messaggio imposto anziché proposto.